Scodelle vuote La foto ha vinto il Food photo Contest 2020 e mostra i bambini Rohingya del campo profughi in Bangladesh, in coda con le scodelle vuote (Cox's Bazar, Bangladesh). Credit: Khandaker Muhammad Asad (K M Asad), fotografo documentarista e fotoreporter del Bangladesh. Per questa foto il reporter è stato nominato Pink Lady Food Photographer dell’anno 2020.

Scodelle vuote

La foto ha vinto il Food photo Contest 2020 e mostra i bambini Rohingya del campo profughi in Bangladesh, in coda con le scodelle vuote (Cox's Bazar, Bangladesh). Credit: Khandaker Muhammad Asad (K M Asad), fotografo documentarista e fotoreporter del Bangladesh. Per questa foto il reporter è stato nominato Pink Lady Food Photographer dell’anno 2020.

© Khandaker Muhammad Asad (K M Asad)

Le persone nel mondo che nel 2020 hanno sofferto la fame sono tra 720 e 811 milioni (Rapporto FAO, IFAD, UNICEF, WFP e WHO. 2021). È la prima volta che il report indica un intervallo e non un valore unico, a rimarcare l’incertezza dei dati dovuta alla pandemia. Si tratta – considerando l’estremo superiore – di 161 milioni di persone in più rispetto al 2019.

Si stima inoltre che 2,37 miliardi di persone (circa una su tre) non abbiano avuto accesso a un’alimentazione adeguata e continuativa nello stesso anno.  

A farne le spese sono soprattutto i bambini: secondo le stime, nel 2020 ben 149 milioni di bambini sotto i cinque anni hanno subito un ritardo della crescita e più di 45 milioni sono deperiti. Per contro, nel mondo circa 39 milioni di ragazzi sono obesi.
In Italia la malnutrizione infantile è un fenomeno sempre più diffuso e paradossale: da un lato, quasi 1 milione e 300 mila minori sono a rischio denutrizione e dall’altro 1 bambino su 3 risulta obeso o in sovrappeso (Rapporto Helpcode 2019).

3 thoughts on “Scodelle vuote

La foto ha vinto il Food photo Contest 2020 e mostra i bambini Rohingya del campo profughi in Bangladesh, in coda con le scodelle vuote (Cox's Bazar, Bangladesh). Credit: Khandaker Muhammad Asad (K M Asad), fotografo documentarista e fotoreporter del Bangladesh. Per questa foto il reporter è stato nominato Pink Lady Food Photographer dell’anno 2020.

  1. Puntualmente la fotografia documentaria riesce a smuovermi le viscere, non sono anestetizzata al racconto delle disuguaglianze e delle atrocità nel mondo attraverso le immagini.
    La foto di Asad estrae dal mio cassetto della memoria il celebre scatto del fotoreporter Kevin Carter, eseguito nel 1993 in Sudan e che gli valse il Premio Pulitzer.
    L’immagine ritrae una bambina fortemente denutrita, stremata a terra. Alle sue spalle un avvoltoio che la osserva, sembra in attesa di avventarsi sul pasto, così suggeriscono le leggi di natura.
    Come è noto la pubblicazione dell’immagine scatena un’accesa polemica. L’opinione pubblica disprezza la scelta di immortalare la situazione, certamente macabra e su cui il reporter, forse, non interviene per evitare il peggio.
    In seguito Carter dichiara, come a giustificarsi, che prima di scattare attese parecchi minuti, indeciso sul da farsi. Una volta fatto il click scaccia via l’avvoltoio, poi scoppia in un pianto dirotto, pensando alla figlia, e intavola una conversazione con Dio sulle atrocità che accadono nel mondo. I media raccontano che la bambina viene soccorsa e condotta in un rifugio. Mi piace crederci.
    Comunque la polemica sollevata dalla fotografia sedimenta molti rimorsi nell’autore. Che si saranno aggiunti al dolore suscitato da altri scenari immortalati nelle zone più sfortunate del mondo, al precario equilibrio emotivo, tant’è che decide di togliersi la vita.
    Carter non è l’unico caso di un triste epilogo tra i fotoreporter che testimoniano l’esistenza di popoli consumati dalla fame, dalla povertà e dalle guerre. Per questi eroi dell’informazione, a quanto pare, è impossibile convivere con la consapevolezza che il loro lavoro non cambierà le cose. Ma segna i reporter, che hanno l’ardire di lanciarsi nell’affascinante mondo della fotografia documentaria senza un paracadute emotivo.
    I dati relativi alla malnutrizione nel Bel Paese dei paradossi mi erano già noti, strillano l’invito a posare sui bambini uno sguardo lungimirante. Se non si interviene con gli strumenti già a nostra disposizione, a livello di singolo e collettività, quale società avremo tra 10, 20 anni? In quali condizioni di salute vivrà nel pianeta più pulito, nelle città resilienti? E quanti tra i bambini di queste tristi statistiche riusciranno a viverci?
    L’Obiettivo 2 dell’Agenda Onu appare alla sottoscritta come una seducente utopia. E non sono connessi e interdipendenti i 17 Obiettivi Onu?

  2. Ci sono immagini che lasciano il segno dentro ognuno di noi. Alcune ci colpiscono nel vivo della nostra coscienza e le portiamo dentro come cicatrici. Da quando abbiamo visto questa immagine alla pubblicazione del pezzo è passato quasi un mese. Perché quando si parla di bambini ci si ferma e mille pensieri passano per la testa e forse sarebbe stato più facile e immediato parlare di paesi in guerra, ma i dati in contrapposizione tra malnutrizione e obesità mostrano chiaramente un altro conflitto globale.

    Quale società avremo tra 10 o 20 anni anni, in modo utopistico (forse) dipenderà molto dalle nostre scelte personali.

    Quello che ci siamo proposti con Agenda17 è di cercare di andare oltre la breaking news, per dare un punto di vista chiaro e informato che arrivi in profondità. Parlare e non urlare, ma al contempo agire. Perché su certi temi la consapevolezza non c’è ancora e allora un’immagine potrà aiutarci a riflettere tutti, noi per prime.

    I 17 obiettivi sono interconnessi, ma l’obiettivo primario è fare un passo alla volta perché se affrontiamo tutto insieme nel complesso e da soli ci sembrerà impossibile, ma se ognuno si impegna direttamente e la governance guida e affianca, la collettività intera potrebbe fare la differenza, anche per l’obiettivo 2, che senza dubbio è vitale.

  3. Per come ho inteso le cose, l’Obiettivo primario è centrare i 17 Obiettivi — tutti —ed entro il 2030.
    Quando si interviene su un Obiettivo (mi piace usare il maiuscolo), è necessario tenere conto delle implicazioni sugli altri e agire di conseguenza. Il suggerimento viene da più parti. Solo in questo modo l’Agenda può vedere il pieno compimento.
    Come riferisce il Rapporto 2020 dell’Asvis, che descrive lo scenario europeo, l’Italia ha già mancato diversi target, è molto indietro rispetto ad alcuni obiettivi, vicino o sopra la media rispetto ad altri. Questo lascia pensare che si stia indugiando in un approccio poco efficace. Vedremo cosa racconta il prossimo rapporto, che sarà diffuso, se non ricordo male, in occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile in programma a settembre.
    Sono certa che prima o poi avremo la realtà per cui stiamo lavorando, a livello di singoli e collettività, ma dubito entro il 2030. Ciò in parte è dovuto al forte ritardo con cui è partita la divulgazione al pubblico, che trovo sempre più accurata ma non capillare. Ma l’importante è arrivare.

    Ringrazio per il cortese scambio di considerazioni, molto personali.
    Saluti
    AZ

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