Dopo l’esposizione internazionale collocata nell’Arsenale si giunge al padiglione Italia. Non sono mancate le critiche: il caos, il colore nero predominante, i numerosi pannelli con lunghi testi, alcuni video accompagnati da un audio poco udibile.
È stata fortemente discussa anche la scelta di riciclare le strutture in cartongesso utilizzate nel 2019. Nel complesso è stata definita da molti un’occasione mancata per presentare efficacemente i progetti di resilienza del Paese.
“Abbiamo pensato a diversi livelli di lettura – ci dichiara il curatore Melis a proposito della complessità e dell’apparente caos del padiglione – abbiamo proposto una lettura più approfondita, che obbliga alla riflessione contestuale cioè quella della ricerca, ma anche una lettura più trasversale e più pop, fatta dai fumetti di stile cyberpunk o anime che costituiscono proprio un percorso di ricerca, di fumetti o di cinema.”
Questo per consentire una lettura del padiglione che non sia sempre necessariamente consapevole, ma apprezzabile anche in misura soggettiva, cioè in relazione alle conoscenze e agli strumenti che già possiede ciascun visitatore. L’adattamento a nuove sfide con le “vecchie” risorse di cui è dotato un essere vivente è un concetto di biologia evoluzionistica che si chiama exaptation, e rappresenta il concetto base sul quale si costruisce il padiglione Italia.
Dal punto di vista delle scelte concrete, il padiglione non vuole offrire soluzioni, ma contributi a possibili soluzioni. Essendo un padiglione di ricerca, viene sviluppato un percorso nel quale probabilmente sarà la generazione successiva a trovare delle soluzioni.
“È un laboratorio di ricerca – sintetizza Melis – perché riteniamo che l’idea della mostra sia obsoleta.”
Tante proposte di diversa natura
Gli esempi esposti nel padiglione Italia sono di diversa natura. L’installazione Mutual Aid proposta da Pnat, Mancuso, Girardi e Favretto realizza una sorta di giardino intensivo che funziona anche come filtro dell’aria. Elementi in cui l’architettura e la natura si integrano.
L’installazione Genoma, realizzata da Melis con il team curatoriale, Pnat e altri autori, è una sorta di edificio funzionante sui pilastri costituiti da microrganismi diversi, vermi della farina e funghi mucillaginosi, collegati con un sistema di tubi che regolano la quantità di acqua, umidità, sole e calore necessari. Tutto questo è integrato nell’edificio, non si tratta di elementi aggiunti esternamente. Sono materiali che ritornano alla natura poiché hanno un ciclo di vita e non creano rifiuti.
La banca del seme che viene dall’Università di Padova è un ulteriore spunto. L’idea consiste in una struttura architettonica che contiene una biosfera climatizzata a controllo in grado di conservare i semi delle piante commestibili dell’Orto botanico di Padova.
Un esempio di laboratorio a cielo aperto è il piccolo borgo pisano di Peccioli. Al suo interno si è realizzato il primo esperimento al mondo di robotica sociale: i robot-spazzini a domicilio portano la spesa a casa, oppure vanno nelle farmacie a fare acquisti per gli anziani con difficoltà deambulatorie. Se ne può osservare un prototipo all’interno del padiglione.
Un’altra proposta interessante viene da Parley from the Ocean, un’organizzazione che raccoglie le plastiche dagli oceani, le ingegnerizza e attraverso innovazione tecnologica e stampanti 3D realizza strutture ad alta performance di cui c’è un esempio nel padiglione.
“Le Nazioni Unite – afferma Melis – ci hanno detto chiaramente che questi 17 goal vanno affrontati insieme, dobbiamo fronteggiare questa complessità. Nel momento in cui spacchettiamo tutto e andiamo in una sola direzione, cominciamo a costruire pregiudizi. E quindi rispetto al tema della crisi ambientale, la nostra idea è di essere più inclusivi possibile e di affrontare il tema nel modo più sistematico o sistemico possibile.”