L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) lo ha appena riconosciuto ufficialmente: il coronavirus si può trasmettere non solo tramite droplet, le particelle di saliva emesse con tosse e starnuti, ma anche attraverso l’aerosol, ovvero le minuscole goccioline di aria espirata da un individuo infetto.
Con la riapertura quasi generalizzata delle attività, comprese quelle didattiche, è dunque necessario fare molta attenzione alla qualità dell’aria degli ambienti chiusi. Per rendere più sicure le aule universitarie e ridurre al minimo il rischio di contagio, a Ferrara già dallo scorso anno sono stati installati cinque sistemi di Ventilazione meccanica controllata (Vmc) in altrettante aule del Dipartimento di architettura per permettere una sicura didattica in presenza.
Per garantire un’aria di qualità in un ambiente chiuso e sovraffollato, infatti, bisogna mantenere basso il tenore di bio-aerosol, il che può avvenire solamente attraverso un numero elevato di ricambi d’aria ogni ora.
Il sistema Vmc è costituito da due ventilatori: uno per immettere l’aria e l’altro per estrarla. I due flussi d’aria non si intersecano mai e uno scambiatore di calore a flussi incrociati recupera l’energia dall’aria estratta e la cede all’aria immessa, garantendo il minor dispendio energetico possibile.
Il metro di distanza interpersonale non basta più
L’annuncio dell’Oms implica dunque che il metro di distanza potrebbe non essere più sufficiente. Quando parliamo di droplet infatti indichiamo particelle di dimensioni grossolane che tendono a depositarsi rapidamente, fermandosi a 1-2 metri di distanza (close range). L’area posta di fronte e nelle immediate vicinanze della persona infetta è detta “cono espiatorio” e rappresenta la zona dove ci si può infettare per inalazione da droplet. Se però le goccioline di aria espirata sono di dimensioni inferiori al droplet si parla di aerosol. Questo sedimenta molto lentamente e una volta veicolato dalle correnti d’aria, se infetto, rende possibile il contagio anche a lunga distanza (long range).
“È chiaro che il livello di contaminazione dipende dal tasso di ventilazione dell’ambiente. – spiega Sante Mazzacane, docente del Dipartimento di architettura dell’Università di Ferrara, direttore del Centro ricerche inquinamento fisico chimico microbiologico di ambienti confinati ad alta sterilità (Cias) e responsabile del progetto per la realizzazione di aule Covid-free – In caso di ventilazione naturale, quindi, attraverso l’apertura manuale dei serramenti, il tasso di rinnovo dell’aria non è controllabile. È difficile fissare una distanza minima di sicurezza interpersonale, perché questa dipende dalla velocità e dalla direzione della corrente d’aria all’interno dell’ambiente. Il metro potrebbe essere quindi sufficiente o insufficiente.”
Vmc e dispendio energetico
Garantire un numero adeguato di ricambi d’aria all’interno di un ambiente chiuso in relazione all’attività che vi si svolge richiede un dispendio energetico consistente, soprattutto nel periodo invernale, quando è fondamentale la temperatura dell’aria in entrata.
“Nel caso del sistema installato all’Università di Ferrara sono state utilizzate le migliori tecnologie disponibili sul mercato, ovvero macchine dotate di un risparmiatore di calore in grado di assicurare risparmi del 90% dell’energia altrimenti necessaria, – continua Mazzacane – Inoltre, il sistema di ventilazione delle aule è controllato da remoto direttamente dall’Ufficio tecnico e supervisionato dal Cias. In tal modo si possono variare i tempi di attività dell’impianto e il regime di ventilazione dell’impianto in relazione all’affollamento dell’aula.”
Come progettare un ambiente correttamente ventilato
La qualità dell’aria non è mai stata una priorità nella progettazione delle abitazioni private, tantomeno negli ambienti pubblici, dove il comfort è stato sempre inteso in relazione a temperatura, umidità, illuminazione e dotazione tecnologica. “La Vmc dovrebbe essere uno standard per tutti gli ambienti ad elevato affollamento, in particolare quelli a uso didattico, dando peraltro attuazione alle normative nazionali, spesso disattese, ma che esistono dal 1975. E questo non solo ora che siamo in emergenza sanitaria”, aggiunge Mazzacane.
Finalmente anche l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) ha espresso il medesimo parere dato che, in una recente risposta pubblicata in merito alla detrazione fiscale, ha inserito anche i sistemi Vmc tra gli interventi che possono richiedere l’Ecobonus. “Il tema dell’installazione della Vmc nei luoghi pubblici presenta numerosi risvolti di carattere impiantistico, biologico, economico e molti altri. Per tale motivo – conclude il responsabile del progetto ferrarese – il Cias ha finanziato per il prossimo ciclo accademico uno specifico dottorato di ricerca per lo studio dei fenomeni di contaminazione nelle aule del nostro ateneo, sia ventilate naturalmente sia meccanicamente.”