Nel Mondo più di due miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile e 4,2 miliardi a servizi igienico-sanitari sicuri, secondo il rapporto recentemente pubblicato da United Nations International Children’s Emergency Fund (UNICEF) e World Health Organization (WHO).
Secondo il rapporto, solo se i Paesi di tutto il Mondo saranno in grado di monitorare e affrontare anche da un punto di vista economico la questione dell’accessibilità all’acqua, si potrà raggiungere l’obiettivo 6 (Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti) dell’Agenda 2030 dell’Onu.
Dei temi sollevati dal rapporto si è parlato poco, come se non riguardassero l’Italia, ma solo i Paesi poveri.
“Mi sarei stupito del contrario – afferma Corrado Oddi, portavoce del Comitato acqua pubblica di Ferrara e del Forum italiano dei movimenti dell’acqua – Nell’ultimo periodo i media hanno parlato di risorsa idrica solo in relazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e in una campagna del Sole 24 Ore, rivolta all’arretratezza del Mezzogiorno.”
“La pandemia – continua Oddi – ha messo in risalto ancora di più il divario tra ricchi e poveri, denunciando una situazione intollerabile per la quale non si stanno facendo interventi.
In merito al libero accesso all’acqua, risorsa sempre più scarsa correlata all’emergenza climatica, si rischiano conflitti proprio tra i Paesi più poveri dove questo importante elemento scarseggia. Ancora più scandaloso è il fatto che alla fine del 2020 l’acqua, per la prima volta, è stata quotata dalla borsa delle materie prime di Chicago.
L’acqua è stata equiparata a qualunque merce, pari all’oro e al petrolio, e il suo prezzo è e sarà oggetto di speculazioni che scateneranno inevitabilmente conflitti e guerre.”
Italia indietro in Europa
Nel nostro Paese siamo ancora lontani dall’obiettivo di salvaguardia di questa risorsa.
Nell’ultimo rapporto dell’Istat (Rapporto SDGs 2020, informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia), si legge infatti che il nostro Paese detiene il primato europeo del prelievo di acqua per uso potabile in termini assoluti da corpi idrici superficiali e sotterranei, con valori tra i più elevati anche in termini pro capite.
Soprattutto nelle regioni del Sud la popolazione ancora lamenta l’erogazione irregolare dell’acqua, situazione attribuibile al deterioramento degli impianti, agli allacci abusivi e a possibili errori di misura dei contatori che generano frequenti malfunzionamenti.
“In Italia – afferma Oddi – si ha una perdita di acqua potabile del 40% dalla sola vetusta rete idrica. Il dato ufficiale del 2017 dell’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti (Atersir), ad esempio, indica una media regionale del 31,45% e del 40,17% per la sola città di Ferrara, che è pari a quello della media nazionale. Il fatto più preoccupante è che il dato, invece di diminuire, è in aumento.
Gli investimenti per ristrutturare la rete sono costosi e senza ritorno economico e, in una logica di privatizzazione del sistema, è chiaro che questi interventi non vengono fatti. Per raggiungere il 12% delle perdite, come ad esempio in Germania, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua aveva stimato, già cinque anni fa, un investimento di dieci miliardi, cifra invece sottostimata dal Pnrr che ha destinato a questi interventi solo 900 milioni. La proposta di legge fatta sempre dal Forum per ripublicizzare l’acqua, giace da anni in parlamento.”
Una vittoria referendaria disattesa
Esattamente dieci anni fa i cittadini italiani avevano votato “Sì” per l’acqua pubblica, abbiamo quindi chiesto a Corrado Oddi di farci il punto della situazione.
“Il referendum è stato disatteso – afferma il portavoce del Comitato – i processi di privatizzazione sono andati avanti comunque, soprattutto nel Centro Nord del Paese. Oggi le quattro più grandi multiutility (le società di multi-servizi Iren, A2A, Hera e Acea) si stanno aprendo la strada anche nel Mezzogiorno.
Il referendum ha rallentato ma non ha invertito la tendenza di fondo ossia la privatizzazione. Alla fine dell’anno scadrà la concessione del servizio idrico alla società Hera (multiutility leader nei servizi ambientali) di Bologna e sono in corso iniziative affinché il servizio possa tornare ad essere gestito da un ente pubblico.
Per Ferrara la scadenza è il 2024. Speriamo quindi che ci possa essere un’inversione di tendenza.”
Intanto, lungo tutto lo Stivale sono in programma numerose iniziative locali, promosse dal Forum, per il decennale del referendum del 10-12 giugno 2011-2021.
“Beni comuni, acqua e nucleare: indietro non si torna!“. In quelle giornate si svolgeranno numerose manifestazioni a livello territoriale e poi, il 12 giugno, una nazionale a Roma. Il 13 giugno, infine, si terrà un convegno online sui processi di ripubblicizzazione del servizio idrico realizzati in Europa, a partire da quelli di Parigi e Berlino.
“Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna – conclude Oddi – organizzeremo un presidio-manifestazione regionale a Bologna l’11 giugno, dove confluiranno anche le altre città della Regione. Questa scelta deriva dal fatto che a Bologna la scadenza della concessione del servizio idrico a Hera arriverà a fine anno, e quindi, se esiste la volontà politica, da lì si potrà procedere alla ripubblicizzazione dello stesso.”