Il clima delle nuove generazioni: agire subito, ma senza i politici

Il clima delle nuove generazioni: agire subito, ma senza i politici

Il cambiamento climatico è un’emergenza globale per l’86% dei giovani italiani fra i quattordici e i diciotto anni. Il dato è il più elevato tra tutti i Paesi occidentali, insieme a quello del Regno Unito. 

È quanto emerge dal Peoples’ Climate Vote, il più grande sondaggio mai realizzato sul cambiamento climatico, condotto negli ultimi mesi del 2020 dal Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (United Nations Development Programme, UNDP) insieme all’Università di Oxford con l’obiettivo di fornire ai decisori politici le opinioni della popolazione sui cambiamenti climatici. 

Peoples’ Climate Vote è il più grande sondaggio di sempre sui cambiamenti climatici che ha visto la partecipazione di 50 Paesi in tutto il Mondo coprendo il 56 % della popolazione globale (©undp.org)   

L’indagine, che ha coinvolto 1,2 milioni di persone in cinquanta Paesi, ha raggiunto oltre mezzo milione di ragazzi sotto i diciotto anni in tutto il Mondo, distribuendo le domande per mezzo di annunci nelle app dei giochi più popolari. 

Se anche le altre generazioni dimostrano sensibilità verso la crisi climatica (il dato complessivo del sondaggio è del 64% nel Mondo e dell’81% in Italia), è la fascia dei più giovani a inviare il messaggio più chiaro ed è il loro interesse a dover essere intercettato. 

“Sicuramente sarebbe utile capire dove vivono, se questi ragazzi vengono da contesti rurali o contesti urbani, dove le tematiche ambientali sono più sentite – afferma Alfredo Alietti, docente di sociologia all’Università di Ferrara – ma trattandosi di una percentuale molto elevata, è possibile che queste variabili siano poco o per nulla influenti. Indubbiamente è un ottimo dato – continua Alietti – perché dimostra che le nuove generazioni stanno strutturando un pensiero sociale. Preoccuparsi della questione climatica significa avere in mente una società, non solo la propria personale situazione. È una visione sociale che considero un segnale estremamente positivo.”   

“Un ulteriore elemento che conferma la crescita di una coscienza ecologica nelle giovani generazioni – prosegue Alietti – è il dato, raccolto da una rete di sociologi di cui fa parte anche il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Ferrara, secondo il quale in Italia la partecipazione alle manifestazioni di Fridays For Future è stata la più importante a livello europeo.”

I politici non sono gli interlocutori dei giovani 

Ma chi sono gli interlocutori da ascoltare sul cambiamento climatico secondo i giovani? 

Dall’approfondimento dedicato al rapporto tra cittadini e ambiente dell’Annuario Scienza Tecnologia e Società 2020 di Observa Science in Society, si ricava che sette giovani su dieci (con un campione compreso tra i 18 e i 29 anni) vedono negli scienziati gli interlocutori privilegiati quando si affronta il tema del riscaldamento globale, al secondo posto i movimenti giovanili impegnati per il futuro del Pianeta (16,7%), seguiti dalle associazioni ambientaliste (6,7%), mentre i politici compaiono all’ultimo posto (2,7%).  

“I ragazzi crescendo assumono sempre più coscienza della propria vita, delle problematiche collettive – dichiara Alietti – però non trovano un terreno politico e di rappresentanza in cui avere fiducia. Non c’è un esito di identità politica collettiva.” 

Giovani manifestano a Roma il 9 ottobre 2020 per il Fridays For Future (©ilpost.it) 

Sempre secondo Observa, oltre il 90% dei giovani italiani individua una correlazione tra sistema produttivo attuale e cambiamento climatico, a differenza delle altre generazioni che più difficilmente associano i due aspetti.
Rispetto alle possibili azioni per mitigare l’emergenza climatica, la maggioranza dei millennials italiani (61%) è convinta che le azioni individuali siano l’unico strumento disponibile. Questa percentuale, sebbene non si discosti molto da quella degli adulti (65% nella fascia fra i 30 e i 59 anni e 60% nella fascia over 60), dimostra che una gran parte dei giovani italiani tra i 18 e i 30 anni non sembra riconoscere una dimensione politica alla questione ambientale.

In Italia, l’elevata consapevolezza ecologica delle fasce giovanili non si è tradotta infatti in maggior consenso politico all’ultima tornata elettorale europea del 2019, che ha visto invece un’affermazione significativa dei Verdi in molti Paesi. 

Attivismo politico e soluzioni individuali

Alfredo Alietti, docente di Sociologia urbana presso l’Università di Ferrara (©unife.it)

“Qui entra in gioco il rapporto tra agency e structure, tra azione individuale e struttura sociale – afferma Alietti – in qualche modo, c’è una sorta di individualizzazione nella risposta a eventuali tematiche, pur partendo dal riconoscimento del problema collettivo.”  

Per spiegare questa apparente contraddizione tra i dati che dimostrano un certo attivismo politico delle nuove generazioni da un lato e l’indicazione delle soluzioni individuali dall’altro “occorre riferirsi anche al meccanismo sociale che spinge a enfatizzare l’individuo performativo – continua Alietti – che non ha più bisogno degli altri per risolvere ciò che contrasta la sua vita quotidiana e le sue aspettative. Il problema è che dietro a questo orientamento scompare la politica: minore è il riconoscimento di quest’ultima come strumento di cambiamento, maggiore è la soluzione individuale a problemi generali. La sfiducia nella politica ha effetti sulla sfiducia nella capacità di attivare un’azione collettiva per andare incontro alla crisi ecologica.” 

“In questo contesto – conclude Alietti – di fronte ai giovanissimi e ai millenials che dimostrano una presa di coscienza ambientale, può aprirsi uno spazio politico dove interpretare queste sollecitazioni, non necessariamente all’interno della politica tradizionalmente intesa. Questo ipotetico soggetto politico deve essere in grado di farsi portavoce di istanze individuali dando loro un’identità sociale, e soprattutto di stabilire una comunicazione efficace con i giovani, che faccia uso non tanto di strumenti, quanto di contenuti innovativi. È proprio un cambiamento di paradigma, una grande sfida che presuppone capacità e competenze che nel panorama politico attuale non sembrano esserci.”

(Eleonora Bidetti, studentessa del Master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza)

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