Tre film sul canale televisivo Rai Movie per affrontare l’Obiettivo 7 “Energia pulita e accessibile” dell’Agenda Onu 2030. È questo il programma di martedì 4 maggio, ultimo di un ciclo di appuntamenti della serie “Obiettivo Mondo” condotta da Giorgio Zanchini.
I film proposti saranno: Transcendence, di Wally Pfister, Salt and Fire, di Werner Herzog e I Recuperanti, di Ermanno Olmi. Come sempre, saranno introdotti da Giorgio Zanchini che, nell’approfondimento in onda dopo il film in prima serata, intervisterà i suoi ospiti: per questo tema, saranno il cardinale Matteo Maria Zuppi e Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.
“Obiettivo Mondo”
“Obiettivo Mondo” è parte di un più ampio progetto editoriale del servizio pubblico radiotelevisivo, in collaborazione con Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), teso alla sensibilizzazione di cittadini, imprese e istituzioni sui temi della sostenibilità contenuti nell’Agenda 2030.
Il palinsesto del progetto editoriale è distribuito nell’arco di sei mesi, a partire da gennaio 2021, e coinvolge i canali Rai 4, Rai Premium e Rai Movie, attraverso la programmazione di film, fiction e documentari. Sfruttando la contaminazione tra diversi generi espressivi, di volta in volta si focalizza l’attenzione su uno dei diciassette goal dell’Agenda, mettendone in relazione le finalità da perseguire con le criticità e gli ostacoli per il raggiungimento.
Le puntate precedenti
Le tre puntate precedenti di questo ciclo, ora disponibili su Rai Play, hanno focalizzato l’attenzione rispettivamente sull’Obiettivo 1 (Sconfiggere la povertà), con il film The Idol; Obiettivo 16 (Promuovere pace, giustizia e istituzioni forti), con i film Sulla mia Pelle e Snowden, e Obiettivo 17 (Partnership per gli obiettivi) con L’ultimo re di Scozia e Il tuo ultimo sguardo.
La volontà di potenza è il filo conduttore degli ultimi tre film
Il tema della serata, l’energia, non emerge prepotentemente dalla narrazione dei tre film in programma, ma rimane sullo sfondo, costituendone il filo conduttore che lega impercettibilmente le tre opere cinematografiche.
Motore della narrazione è la trasformazione irreversibile, dettata dal progresso, del rapporto tra uomo e ambiente che lo circonda.
La volontà di potenza, di dominio, locale o globale che sia, implica l’estrazione incessante di energia dall’ecosistema. Che si tratti scopi bellici, di risorse naturali o di creazione di un’entità ibrida onnisciente, l’istinto predatorio spinge l’uomo a correre rischi sempre maggiori, a superare continuamente nuovi limiti, portandolo, un giorno che non sappiamo quanto lontano, a un punto di non ritorno.
Trascendence (2014), il titolo più famoso dei tre. È un film che ci proietta in un futuro distopico in cui l’Intelligenza artificiale, portata ai massimi livelli (la “trascendenza”, appunto) anche grazie a un geniale sviluppatore (Johnny Depp), viene integrata con la mente e la coscienza di questi, ormai in fin di vita, a causa di un attentato a opera di cyber terroristi decisi a tutto pur di fermarne il progetto di sviluppo ormai prossimo a diventare operativo.
La mostruosa macchina, originata da questo esperimento figlio della fusione tra la morte corporea del suo inventore e la prosecuzione virtuale della sua vita online, ha bisogno di quantità di energia sempre crescenti.
Ben presto, sotto mentite spoglie di esperimenti benefici a favore dell’umanità, finisce per prendere il controllo totale delle infrastrutture tecnologiche e delle risorse naturali del pianeta, creando un esercito di umanoidi, veri e propri zombie (organismi ibridi umani integrati e potenziati da nanotecnologie avanzate), di cui questa entità onnipotente controlla le menti e le azioni.
Il finale è in linea con un certo tipo di letteratura fantascientifica e tecnofobica che da tempo mette in guardia l’opinione pubblica sui pericoli di un progresso troppo spinto che potrebbe ben presto sfuggirci di mano. Il pericolo paventato è un regresso globale a uno stato pre tecnologico in cui l’umanità si ritroverà a vivere in una sorta di Medioevo.
Salt and Fire (2016) è un thriller distopico a sfondo documentaristico, ambientato su un altopiano boliviano trasformato in una distesa di sale tossico, a seguito di interventi di un consorzio privato che ne hanno deturpato irrimediabilmente l’ecosistema.
Sotto la crosta salata scorrono fiumi di lava (di qui il titolo del film) che alimentano la bocca di un mega vulcano, la cui possibile eruzione genererebbe un disastro ambientale planetario.
La narrazione si dipana attraverso il rapimento di tre scienziati giunti appositamente per stilare, su mandato Onu, un rapporto sul pericolo incombente. Un ruolo particolare giocano la dottoressa Laura Somerfeld (interpretata da Veronica Ferres), capo delegazione abbandonata per giorni nel deserto di sale insieme a due ragazzini divenuti ipovedenti a causa del disastro ambientale, e Matt Riley, l’amministratore delegato del consorzio stesso (l’attore Michael Shannon) con cui Laura ha un rapporto conflittuale.
L’ideatore e regista di tutta l’operazione, disvelata solo nella seconda parte del film, è Riley. Egli vive un lacerante conflitto interiore: da principale responsabile del disastro, si è trasformato in uno spirito critico combattivo.
Attraverso l’eclatante rapimento dei tre scienziati, vuole risvegliare le coscienze e richiamare le istituzioni internazionali a un maggiore impegno, ormai indifferibile, per la difesa dell’ecosistema globale.
Con I Recuperanti (1970) si cambia completamente stile narrativo e ambientazione. Scritto da tre maestri – Olmi, Kezich e Rigoni Stern – il film ci fa immergere nel quotidiano di una società rurale dell’altopiano di Asiago che vive un lento ritorno alla normalità, non privo di conflitti sociali, nei primi mesi del secondo dopoguerra.
La storia vede protagonista un giovane reduce che assiste a una realtà in profondo mutamento. Fra povertà, scarsità di lavoro e assenza di certezze sul futuro, l’unica prospettiva possibile per i giovani è l’emigrazione verso paesi lontani.
La natura è vissuta attraverso il rapporto tra il giovane e un vecchio del paese, spirito libero senza fissa dimora, che vende metalli recuperati da residuati bellici rinvenuti sulle montagne circostanti, attività per lui molto remunerativa grazie all’abilità maturata nel corso della Prima guerra mondiale, combattuta proprio in quei luoghi su cui erano attestate le trincee degli opposti schieramenti italiani e austriaci.
Il messaggio sotteso alla narrazione è di un mondo e un modo di vivere che stanno velocemente scomparendo. Da una parte c’è il vecchio Du, che vive immerso nella natura ma nella sfida costante ai pericoli della tecnologia bellica, che affronta con cautela ed estremo rispetto, in un rapporto quasi spirituale: nel disarmare le bombe rinvenute le accarezza, parla con loro come fossero esseri senzienti.
Dall’altra c’è il giovane, che dapprima affascinato dagli strani discorsi del socio e da quella vita a stretto contatto con la natura, si spaventa nel quotidiano confronto con la morte, e decide di tornare a un’esistenza ordinaria facendosi assumere come operaio edile. Una bella favola morale a lieto fine, in linea con lo stile cinematografico del regista, Ermanno Olmi.
(Vincenzo Damiano, studente del Master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza dell’Università di Ferrara)