Prove di sicurezza per il lancio di SputnikV Potrebbe diventare un sostituto del vaccino AstraZeneca

Prove di sicurezza per il lancio di SputnikV

Potrebbe diventare un sostituto del vaccino AstraZeneca

Nasce nel segno della cooperazione internazionale tra stati e scienziati l’accordo finalizzato a sperimentare nella pratica clinica il vaccino Gam-COVID-Vac, conosciuto come SputnikV.

L’obiettivo dello studio è valutare la capacità del vaccino russo di contrastare la replicazione del virus e delle sue varianti.

I risultati ottenuti saranno estremamente utili in prospettiva dell’eventuale autorizzazione dell’EMA (European Medicine Agency) e delle agenzie nazionali, fra cui quella italiana.

Dal momento dell’eventuale approvazione gli operatori sanitari avranno un ventaglio più ampio di scelte vaccinali e potranno individuare il siero da somministrare in funzione dello stato di salute del cittadino e delle varianti del virus in circolazione.

La partnership  per la ricerca vede la collaborazione tra l’Istituto per la sicurezza sociale di San Marino (Iss), l’Università di Ferrara (Unife) e l’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma.

La collaborazione nasce nell’aprile 2020 fra Unife e Iss

È l’aprile del 2020 quando Michele Rubini, genetista del dipartimento di Neuroscienze e riabilitazione e docente di Unife, vista la straordinaria adesione dei cittadini di San Marino alla campagna vaccinale con SputnikV, sviluppa in accordo con Massimo Arlotti, commissario straordinario di San Marino per l’emergenza Covid, un progetto di ricerca per valutare l’individuale suscettibilità genetica all’infezione da SARS-CoV-2.

Il 25 Febbraio la Repubblica di San Marino ha festeggiato lo “Sputnik Day” ovvero l’inizio delle vaccinazioni con 7500 dosi di vaccini russi SputnikV (©Il Fatto Quotidiano)

Considerato il recente interesse dell’EMA ad avviare una rolling review sul vaccino russo, la comunità scientifica di Unife, facendo tesoro dell’esperienza di collaborazione con San Marino, decide allora di condurre uno studio di sorveglianza attiva sullo stesso. Nello specifico, un medico del team otorinolaringoiatrico dell’Azienda ospedaliero-universitaria dell’ospedale di Ferrara, previo consenso dei partecipanti, sta somministrando tamponi ai cittadini sammarinesi che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino SputnikV.

Il tampone utilizzato è il nuovo kit diagnostico progettato da Stefano Pelucchi, direttore della Unità operativa complessa (Uoc) di Otorinolaringoiatria e docente di Unife.     

Stefano Pelucchi è otorinolaringoiatra presso l’Ospedale S.Anna di Ferrara e professore  ordinario di Unife (©Arcispedale Sant’Anna) 

In seguito, il materiale biologico prelevato dalla mucosa nasale viene inviato al Dipartimento di neuroscienze e riabilitazione di Unife per valutarne la carica virale attraverso analisi molecolari e indagini genetiche.

In questo modo si ottengono chiare informazioni quali/quantitative circa gli anticorpi anti-spike contro il coronavirus sviluppati dai pazienti sammarinesi dopo il vaccino.

L’intesa tra Unife e Iss ha fatto da apripista all’altro memorandum siglato ad aprile tra l’Istituto Spallanzani di Roma, la Regione Lazio e l’Istituto Gamaleya di Mosca, sede produttiva del vaccino russo.

Con questo accordo di cooperazione scientifica, e in seguito alla richiesta di sperimentazione clinica inoltrata all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) dall’Istituto Spallanzani, il vaccino russo verrà somministrato a 600 volontari sani che hanno già ricevuto la prima dose di vaccino AstraZeneca, il siero a vettore virale già autorizzato in Europa.

Con questo studio si intende confermare l’ipotesi che lo SputnikV possa essere un valido sostituto del vaccino anglo-svedese anche nei pazienti che hanno ricevuto l’altro vaccino a vettore virale come prima dose.

Questo complesso iter sperimentale è fondamentale perché la storia del vaccino russo, il primo ad essere stato realizzato e ora registrato in trenta Paesi, è costellata di reiterate richieste di trasparenza e di maggiori dati scientifici. Non è estranea a questa vicenda la complessa strategia geopolitica che si gioca a livello mondiale sulla produzione e distribuzione dei vaccini.

L’ultimo capitolo l’ha scritto in questi giorni il Brasile, la cui  agenzia di sorveglianza sanitaria (Anvisa) ha bloccato SputnikV, dichiarando  mancanza di informazioni su sicurezza, qualità ed efficacia e, soprattutto il rischio che  l’adenovirus presente nel siero possa riprodursi.

Il vaccino russo… in realtà sono due!

I vaccini a vettore virale già autorizzati con procedura centralizzata dall’EMA sono il vaccino Janssen Covid-19 (Johnson&Johnson) che prevede un’elevata efficacia a fronte di un’unica dose e il Vaxzeria (AstraZeneca) che prevede la somministrazione di due dosi identiche a distanza di 4-12 settimane.

Un vaccino a vettore virale è composto da un virus, generalmente  un adenovirus, che viene modificato in laboratorio affinché, una volta somministrato, risulti incapace di riprodursi nella cellula umana e di causare la malattia, ma sia invece in grado di veicolare le informazioni necessarie per produrre la proteina spike del coronavirus.

Una volta prodotta, questa proteina servirà ad istruire il sistema immunitario per sviluppare difese specifiche contro il SARS-CoV-2.

A differenza dal vaccino di AstraZeneca, che utilizza un unico tipo di virus come vettore (vettore virale singolo), lo Sputnik è un vaccino a doppio vettore virale: potremmo definirlo una “combinazione di due vaccini” perché nella prima dose viene iniettato un tipo di vettore, l’adenovirus Ad26, mentre nella seconda dose viene iniettato un altro vettore, l’adenovirus Ad5.

Da sinistra si vedono due vettori che trasportano il gene codificante per la proteina S attraverso cui SARS-CoV-2 entra nelle cellule umane. Nella seconda e terza immagine si vede la produzione anticorpale in seguito alla somministrazione rispettivamente della prima e seconda dose del vaccino (©Sputnik Italia)

Per Michele Rubini, questa complessa strategia progettuale è del tutto appropriata perché “la seconda dose vaccinale somministrata agisce solo da ‘richiamo’ per la produzione di anticorpi contro la proteina spike, non verso il vettore virale stesso.”

Esporre le cellule umane a due diverse dosi di vaccino, seppur differenti solamente nel virus che funge da vettore e non nell’informazione da esso veicolata, permette di generare nell’organismo una risposta immunitaria amplificata e di limitare in parte la resistenza al vaccino.

Prima e seconda dose del vaccino SputnikV (©Sputnik Italia)

Come per tutti i vaccini a vettore virale, anche per quello russo è prevista una buona efficacia contro le varianti del virus attualmente in circolazione in Europa.

Anche se tutti questi vaccini hanno dimostrato di conferire un buon grado di immunità da malattia (ovvero il soggetto che riceve il vaccino non svilupperà una malattia grave in caso di infezione), ancora poco è noto riguardo la loro capacità di conferire immunità sterilizzante, cioè l’incapacità del soggetto che ha ricevuto il vaccino di contagiarsi nuovamente e quindi, a sua volta, contagiare.

“Solo i risultati dello studio che stiamo conducendo potranno fornirci dati chiari in questo senso” afferma Rubini.

Vaccini sicuri e politiche di salute pubblica globali

Tutti i vaccini finora sviluppati per fornire immunità al Covid, così come anche lo SputnikV, “sono progettati per stimolare la risposta del sistema immunitario contro la proteina spike di cui è composto il virus e non hanno possibilità di creare modifiche al DNA dell’uomo – continua Michele Rubini -. Le componenti di questi vaccini, come anche quelli basati su RNA messaggero, non sono in grado di entrare nel nucleo delle cellule, e, anche se lo facessero, non avrebbero meccanismi per interagire col genoma ed esserne incorporati. Su questo punto la sicurezza è totale.” 

Il professore Michele Rubini è genetista presso il Dipartimento di Neuroscienze e riabilitazione dell’Università di Ferrara (©Unife)

“Con vaccinazioni, tracciamento e trattamenti terapeutici specifici questa pandemia potrà essere localmente ricondotta a un fenomeno controllabile, gestibile, e in buona parte accettabile, ma – continua Michele Rubini – da questa pandemia si potrà davvero uscire solo se il coronavirus sarà eradicato.

Per far questo gli interventi sulla salute pubblica devono essere attuati in una scala assolutamente globale, che non escluda alcun angolo del Pianeta.”

Nella lotta alla pandemia da SARS-CoV-2 “il tempo è il fattore limite – sottolinea Rubini – e più tempo impieghiamo a sviluppare misure efficaci, più tempo lasciamo al virus per mutare e adattarsi al nuovo quadro ambientale. Il rischio oggettivo è di rimanere imbrigliati in una gara infinita e dagli esiti non prevedibili.”

La partnership  di cui siamo membri, conclude, è nata “con la precisa intenzione di colmare lacune conoscitive e fornire dati certi, trasparenti e super partes che possano risultare da guida per politiche sanitarie oggettive ed efficaci.” 

(Marica Macchiagodena, studentessa del Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara)

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