“Andrà tutto bene”, ci confortavamo con queste parole nella primavera di un anno fa. Della pandemia era già evidente tutta la ferocia, e ci si stringeva solidali nella “social catena” sperando che presto sarebbe finita. Magari in una immemore calda estate di vacanza e varianti favorevoli. Non è andata così.
I Paesi democratici occidentali, logorato velocemente l’afflato di solidarietà, arrancano ora nella tensione sociale fra chiusure sanitarie e aperture commerciali. I grandi Paesi del Sud del Mondo, come il Brasile e l’India, conoscono in questi giorni l’orrore di massa del mix di virus e povertà.
Finirà. Prima o poi finirà. Prima per i Paesi che hanno vaccini e risorse, poi per chi ne è sprovvisto. Ma quando arriverà la prossima pandemia non dovrà più andare com’è andata ora. E che indubitabilmente arriverà ce lo dimostrano quelle appena passate (Aviaria, Sars, Mers, H1N1, Ebola) e quelle future previste dall’Organizzazione mondiale della sanità (“La domanda non è se, ma quando”).
La scienza ha avuto e avrà un ruolo fondamentale e insostituibile nel difenderci. Alla scienza ci siamo rivolti per conoscere il virus, le sue origini e modalità di trasmissione, le cure e i vaccini. È il baluardo fondamentale anche per prepararsi al futuro. Ma da sola non basta. E non le serve arroccarsi come unico garante della razionalità contro la proteiforme invasione dell’arrogante incompetenza.
Anzitutto, la scienza medica, l’abbiamo visto quest’anno, è per sua natura connotata da elementi di incertezza e provvisorietà che non consentono una trasmissione lineare di conoscenze certe fra scienziati, esperti, società e cittadini.
In secondo luogo la complessità dei fenomeni ecologici, sociali, economici, politici che abbiamo visto animare la scena della pandemia impone di riarticolare il ruolo della scienza – e, soprattutto, della tecnologia – all’interno di questo ampio contesto, e consiglia di tener conto di conoscenze e “saperi laici” che sono distribuiti anche fra soggetti che agiscono al di fuori dei laboratori di ricerca.
È da questa visione della scienza – tanto forte quanto antidogmatica – che muovono DOS – Design of Science e il Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara. La nostra scelta di lanciare Agenda17 ha questa matrice.
La pandemia – l’abbiamo letto e detto tante volte – è un’ulteriore spia che l’equilibrio del Pianeta si sta pericolosamente alterando, è un segno non più sottovalutabile dei deficit del modello di sviluppo attuale. I 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Onu di cui si occupa questo webmagazine sono la strategia più ampiamente condivisa per costruire un futuro di cura del Mondo e di giustizia.
Tutti questi obiettivi rimandano, direttamente o indirettamente, ad altrettanti ambiti di ricerca scientifica e applicazione tecnologica. Ma, contemporaneamente, essi indicano anche limiti e finalità universalmente accettabili entro cui declinare scienza e tecnologia.
La complessa dimensione epistemologica in cui si declinano gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile individuati dall’Onu possiamo ricondurla al concetto di cura: cura per il Pianeta, cura come terapia calata in ambito di medicina e salute, ma anche cura per i bisogni delle persone, per la giustizia e per la riduzione delle diseguaglianze in una prospettiva di interdipendenza fra globale e locale.
Per ognuno degli obiettivi, Agenda17 indaga e racconta gli aspetti scientifici nei contesti reali in cui sono calati, le buone pratiche ma anche le contraddizioni e i conflitti, dà voce al mondo della scienza ma anche ai soggetti individuali e organizzati che a quel mondo si rivolgono con domande e a volte dubbi o critiche.
A tutti questi attori Agenda17 offre uno spazio di informazione e riflessione comune per orientarsi nei grandi temi del nostro presente e nelle grandi sfide del nostro futuro. A tutti chiede di collaborare attivamente nello spirito di condivisone della conoscenza ed engagement dei cittadini proprio della Terza missione dell’università.
Ottimo editoriale! Un solo appunto potrebbe, a mio modesto avviso, riguardare la fine del 5to capoverso dove si cita: scienziati “esperti, società e cittadini”. Credo che sia troppo ampio l’ambito di “società” in quando nell’ insieme insistono aggregazioni molto diverse fra loro che in tutta la vicenda pandemica hanno avuto ruoli e responsabilità diametralmente opposte e rilevanti. Un esempio: le istituzioni politiche e le comunità ecologiste e di volontariato. Per il resto buon primo n di “Agenda 17” e buon lavoro. Per ultimo, penso mi sia sfuggita l’info su periodicità, e staff redazionale!
Indubbiamente “società” va “spacchettato” per i motivi indicati. In questo contesto premeva indicare i problemi connessi nella comunicazione fra la comunità degli scienziati e ciò che sta “fuori”.
Agenda17 non ha periodicità. Non pubblichiamo breaking news legate alla cronaca, ma articoli con un certo grado di approfondimento e coinvolgendo diversi attori. La redazione è pubblicata in “Chi siamo” sotto l’header